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Quello di Antonio Davide è un immaginario analitico che in oltre una quarantina d'anni d'attività si è manifestato in chiave di ironia critica, attraverso questa caratterizzandosi come processo conoscitivo. Una disposizione che oggi può essere verificata secondo due prospettive. Una attiene soprattutto all'originale sua esperienza di rilettura inventiva, concettualizzata, del paesaggio ("processo paesaggio"). Come accadeva in particolare fra secondi anni sessanta e primi settanta, in modi di reinvenzione analitica topografica ma anche iconica del paesaggio, attraverso il suo riscontro di concettualizzazione simbolico-nozionale iconico-segnica. L'altra è invece decisamente di carattere fenomenologico, attraversando i differenti modi delle diverse manifestazioni successive della sua ricerca, in una gamma svariante dalla pittura al comportamento, alla presenza scenica, a installazioni, e costruzioni plastico-oggettuali in ceramica. Ma come situare l'operare di Davide lungo l'avanzata seconda metà del XX secolo e questo inizio del XXI? Certamente lungo quel quarantennio e oltre mutano gli scenari di riferimento. Infatti le sue ricerche si inseriscono in una situazione di apertura partecipativa e d'intenzionalità critica, in propositi di attività estetica nel sociale, storicamente ben definita e d'ampia estensione problematica quale lo scenario degli interessi di un'"arte antropologica" ed "ecologica", affermatasi non soltanto in Europa.